I fatti di cronaca che colpiscono la nostra sensibilità riportano l’attenzione sugli esiti devastanti di sintomatologie depressive post-partum non trattate, ma oserei dire non sufficientemente colte, perchè non conosciute.
E’ emblematico che si torni a parlare di depressione post-partum quando balzano in vetta alla cronaca notizie relative ad infanticidi commessi da mamme depresse: come dire che il problema c’è in quanto i suoi tragici possibili esiti toccano le pagine della cronaca. Invece il problema c’è a prescindere, c’è sempre stato.
Ed è facile la caccia al mostro, che purtroppo altro non è che la prima vittima. Ma occorre fare delle distinzioni, specificare la differenza tra una depressione fisiologica, reattiva ad un evento così intenso come la nascita di un bambino, e una depressione che prende davvero le vesti di un disturbo che attanaglia la vita in primis di chi ne soffre, così come altra cosa ancora è la psicosi puerperale, quest’ultima in genere responsabile di quelle degenerazioni che portano alcune neomamme a commettere un infanticidio.
Nessuna caccia al mostro quindi: ma tanta informazione in più, e una doverosa campagna preventiva contro l’insorgere di queste condizioni psicopatologiche. Nella donna che ha partorito avviene un brusco cambiamento ormonale responsabile di alterazioni dell’umore, in genere passeggere, ma non sempre è così.
Dedicheremo degli approfondimenti più specifici su questo aspetto biologico, perchè è di estrema importanza: la donna non sceglie di star male, di non provare gioia quando ha con sè il suo bambino, di avere pensieri negativi (per semplificare ora volutamente tutta la gamma di vissuti di disagio emotivo che possono gravare sulla neomamma depressa). No, non lo sceglie.
Il suo corpo è soggetto a scombussolamenti ormonali fortissimi dalla gravidanza in poi, a cui subentra una fisiologica stanchezza dopo il parto e le normali difficoltà e paure nella gestione del nuovo nato.
E stiamo parlando ancora di ciò che è fisiologico, naturale. E’evidente che in una persona già labile o sotto forte stress per altri fattori concomitanti (per esempio un lutto, uno sfratto, gravi problemi economici o atro), uno stato depressivo fisiologico possa aggravarsi, acuirsi, cronicizzarsi, fino a diventare ingestibile, questo almeno nel vissuto soggettivo della donna.
Vissuto per il quale è necessario avere un profondo rispetto (ma dovremmo averne “cura”) qualunque siano i suoi effetti. Non esistono mamme-mostro: esistono donne attanagliate da un malessere non visto, non colto, da loro stesse taciuto, a volte minimizzato e sottovalutato da chi sta loro vicino.
A scanso di equivoci sottolineo che in questo articolo non si sta giustificando un atto criminale come può essere l’infanticidio, per nessun motivo al mondo. Ma vanno comprese, e quindi in primis conosciute, le cause e le pre-condizioni che possono favorire l’insorgenza di stati depressivi di per sè fisiologici ma che per una costellazione di fattori concomitanti possono degenerare fino alla deriva di atti inconsulti.
Manca la prevenzione e la diffusione capillare di campagne informative sull’argomento: le ASL e i comuni dovrebbero organizzare corsi preparto obbligatori dove sia previsto un approfondimento (che sia realmente tale) sulla depressione post-partum, incontri a cui debba essere presente anche il coniuge, laddove ci sia, o una figura di riferimento importante per la donna.
L’informazione e la condivisione aiutano a fronteggiare il problema di un post-partum problematico, principalmente perchè la conoscenza fornisce gli strumenti per riconoscere tempestivamente l’insorgenza di una sintomatologia depressiva importante e anticipare la messa in atto d’interventi mirati al ripristino di una condizione di benessere.